FESTA DI SAN GIUSEPPE

FESTA DI SAN GIUSEPPE

Azione Cattolica Italiana

Diocesi di Nardò – Gallipoli

MOVIMENTO LAVORATORI

 

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MOVIMENTO LAVORATORI

MOMENTO DI PREGHIERA IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SAN GIUSEPPE

T: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

C: Signore, che nella tua provvidenza hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro al disegno della creazione, fa’ che per l’intercessione e l’esempio di san Giuseppe siamo fedeli alle responsabilità che ci affidi, nell’esercizio quotidiano del lavoro e della solidarietà.

 Dal libro di Siracide (38,31-34)

Tutti costoro hanno fiducia nelle proprie mani; ognuno è esperto nel proprio mestiere. Senza di loro sarebbe impossibile costruire una città; gli uomini non potrebbero né abitarvi né circolare. Non fanno brillare né l’istruzione né il diritto, non compaiono tra gli autori di proverbi; ma essi consolidano la costruzione del mondo, e il mestiere che fanno è la loro preghiera.

Parola di Dio!

T: Rendiamo grazie a Dio!

 L: Il lavoro è opportunità che nasce dall’incontro dell’impegno creativo personale e le necessarie riforme istituzionali: la creazione di lavoro non avviene per caso né per decreto, ma è conseguenza di uno sforzo individuale e di un impegno politico serio e solidale.

 Esperienza-testimonianza di santità laicale nel mondo del lavoro.

Proponiamo il beato NUNZIO SULPRIZIO.

 

Solo una vita di sofferenza ha contraddistinto la bella e semplice anima di questo giovane operaio, vissuta con pazienza e fiducia nella volontà di Dio. Nacque a Pescosansonesco in provincia di Pescara il 13 aprile 1817, i genitori a breve distanza l’uno dall’altra morirono lasciandolo solo.

Quando aveva nove anni lo prese con sé come garzone nell’officina, lo zio Domenico Luciani fratello della madre il quale subito lo toglie dalla scuola e lo “chiude” nella sua bottega di fabbro-ferraio, impegnandolo nei lavori più duri, senza alcun riguardo all’età e alle più elementari necessità di vita. Spesso lo tratta male, lasciandolo anche senza cibo, quando a lui sembra che non faccia ciò che gli è richiesto. Lo manda a far commissioni, senza curarsi né delle distanze, né dei materiali da trasportare, né degli incontri buoni o cattivi che può fare. Allo “sbaraglio”, sotto sole, neve, pioggia, vestito sempre allo stesso modo. Non gli sono risparmiate neppure le percosse. Ci sarebbe da soccombere in breve, ma Nunzio ha già una fede grande. Nel chiuso dell’officina, battendo sull’incudine, occupato sotto la “sferza” di un lavoro disumano, pensa al suo grandissimo Amico, Gesù Crocifisso, e prega e offre, in unione con Lui, “in riparazione dei peccati del mondo, per fare la volontà di Dio”. Alla domenica, anche se nessuno lo manda, va alla Messa, il suo unico sollievo nella settimana. Presto si ammala. Lo zio gli dà come “medicina”, quella di riprendere il lavoro, perché “se non lavori, non mangi”. Nunzio in certi giorni si trova costretto a chiedere un pezzo di pane ai vicini di casa. Risponde con il sorriso, la preghiera, il perdono: “Sia come Dio vuole. Sia fatta la volontà di Dio”. Appena può, si rifugia a pregare in chiesa: gioia, energia e luce gli vengono da Gesù, così che, appena adolescente, è in grado di dar consigli sapientissimi al contadini che lo interpellano. Ammalato, non poté continuare nel lavoro, nel 1832, a Napoli per interessamento del colonnello Felice Wochinger, Nunzio fu ricoverato all’ospedale degli Incurabili. Nel 1834, il colonnello per curarlo meglio, lo condusse con sé nel Maschio Angioino. Non mancarono anche nella nuova dimora disagi e sofferenze sempre sopportate con pazienza; preciso in tutto, scrisse un regolamento di vita che osservò con fedeltà, cercando di non cadere nemmeno nei più piccoli difetti, affidandosi con amore alla Mamma celeste. Il male avanzò procurandogli grandi dolori, finché il 5 maggio 1836, morì a soli diciannove anni. Il suo corpo fu tumulato poi nella chiesa di s. Maria Avvocata. Il giovane sconosciuto venuto dai monti abruzzesi, con la qualifica di operaio fabbro, richiamò con le sue sofferenze l’attenzione della Chiesa: Paolo VI il 1° dicembre 1963, lo dichiarò beato davanti a tutti i vescovi partecipanti al Concilio Ecumenico Vaticano II.

 

 

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